domenica 21 aprile 2024

Calder. Sculpting Time

Il MASI Lugano inaugura Calder. Sculpting Time, la più completa mostra monografica dedicata ad Alexander Calder da un’istituzione pubblica svizzera negli ultimi cinquant’anni. 

Introducendo il movimento in una forma d'arte statica come la scultura, Calder ha esteso questo medium oltre il visivo, nella dimensione temporale. Attingendo da importanti collezioni pubbliche e private internazionali, tra cui la Calder Foundation di New York dalla quale proviene un ampio corpus di opere, Calder. Sculpting Time presenta oltre 30 capolavori dell'artista creati tra il 1931 e il 1960. Calder. Sculpting Time esplora l’impatto profondo e trasformativo di questo artista rivoluzionario, delineando il suo sviluppo di un linguaggio formale e scultoreo caratterizzato da un'innovazione senza precedenti durante gli anni trenta e quaranta del Novecento. 

La mostra, concepita come spazio aperto, libero da pareti, offre al pubblico l’opportunità di ammirare opere che vanno dalle prime astrazioni o sphériques di Calder fino ad una magnifica selezione di mobiles più recenti, stabiles e standing mobiles di varie dimensioni. In mostra sarà inoltre presentata una selezione di constellations, un termine proposto da Marcel Duchamp e James Johnson Sweeney per le sculture dell'artista realizzate in legno e filo metallico nel 1943.


Calder si inserisce nell'avanguardia parigina poco dopo essersi trasferito nella capitale francese nel 1926. In questo periodo inizia a creare il suo rivoluzionario Cirque Calder e amplia la sua invenzione di ritratti in filo metallico, totalmente privi di massa. Nel 1930, il lavoro dell'artista si spostò in maniera netta verso l'astratto. La mostra segna questo importante snodo nella produzione dell’artista con le prime sculture non oggettive di Calder, che egli descrisse come densités, sphériques, arcs e mouvements arrêtés. Nel catalogo della mostra dell'artista del 1931 alla Galerie Percier di Parigi, Fernand Léger scrisse: “è qualcosa di serio nonostante non dia l’impressione di esserlo”. Tra queste opere spicca lo stabile Croisière, in cui fili sottili delineano un volume curvilineo a cui sono connesse due piccole sfere dipinte in bianco e nero. Le linee di fili metallici di Calder scolpiscono volumi dai vuoti e presentano il movimento di un'azione priva di peso e di massa. Una delle innovazioni più importanti di Calder è stata quella di aver incorporato il movimento nelle sue composizioni, introducendo così la dimensione temporale. I suoi mobiles - termine coniato da Duchamp per descrivere queste opere - sono sculture cinetiche le cui composizioni in continua mutazione sono attivate dalle condizioni dell'ambiente in cui si trovano. La mostra a Lugano presenta uno dei più importanti mobiles, Eucalyptus (1940). La scultura fece il suo debutto nella mostra di Calder del 1940 alla Pierre Matisse Gallery di New York e in seguito fu inclusa in quasi tutte le mostre più importanti allestite durante la vita dell'artista. “Muovendosi liberamente e interagendo con l'ambiente circostante, sembra dare forma all'aria; cambia continuamente, giocando con il tempo”, così le curatrici. La mostra include anche altri mobiles come Arc of Petals (1941) e l’imponente Red Lily Pads (1956), esposta nell’ultima sala, di fronte a una grande vetrata che offre una suggestiva vista sul lago e sul panorama circostante. Queste opere rispondono ad ogni minimo cambiamento dell’aria e della luce, vibrando nell’imprevedibilità del tempo e dei suoi diversi momenti. “Calder ha creato organismi metallici che possiedono le qualità della leggerezza e della varietà in forme biomorfiche sottili, che sono allo stesso tempo resistenti e fragili, dinamici ed estetici, solidi e ipersensibili”, spiegano le curatrici della mostra. In mostra, anche gli stabiles di Calder - termine coniato da Jean Arp per le opere statiche dell'artista in risposta a Duchamp – che esplorano invece il movimento implicito. Untitled (circa 1940) e Funghi Neri (1957) rendono evidenti le spettacolari variazioni di scala di queste opere, dalle dimensioni più ridotte a quelle maggiori.


A causa della scarsità di lastre di metallo durante la Seconda guerra mondiale, nel 1943 Calder iniziò una nuova serie di sculture astratte realizzate con fili metallici e legno, appese alla parete ad altezze inaspettate. Sweeney e Duchamp, che curarono la retrospettiva di Calder del 1943 al Museum of Modern Art di New York, proposero il termine "constellation" per queste sculture. “L’eredità di Calder perdura non solo nella presenza fisica delle sue opere, ma anche nel profondo impatto del suo lavoro, che ha cambiato il modo in cui percepiamo e interagiamo con la scultura. Il suo contributo alla storia dell’arte si estende ben oltre l'uso innovativo di materiali e l’impiego di nuove tecniche, catturando la sottile essenza di momenti fugaci. Confrontarsi con questa dimensione temporale è l'obiettivo di questa mostra”, concludono le curatrici. La mostra sarà accompagnata da un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale in tre edizioni separate (italiano, inglese e tedesco), con un saggio di Carmen Giménez e Ana Mingot Comenge e una selezione di testi storici. La mostra è realizzata grazie a Fondazione Favorita.

L’artista Alexander Calder (1898, Lawnton, Pennsylvania - 1976, New York City), la cui illustre carriera ha attraversato gran parte del ventesimo secolo, è lo scultore più acclamato e influente del nostro tempo. Nato in una famiglia di celebri artisti di formazione classica, Calder ha utilizzato il suo genio innovativo per cambiare profondamente il corso dell'arte moderna. Negli anni venti ha iniziato a sviluppare un nuovo modo di scolpire: piegando e torcendo il filo metallico, ha essenzialmente "disegnato" figure tridimensionali nello spazio. È famoso per l'invenzione del mobile, i cui elementi sospesi e astratti si muovono e si bilanciano in un'armonia mutevole. A partire dagli anni cinquanta, Calder si è dedicato sempre più alla realizzazione di sculture all'aperto su larga scala in lastre d'acciaio imbullonate. Oggi questi imponenti giganti portano la bellezza nelle piazze pubbliche delle città di tutto il mondo.

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martedì 9 aprile 2024

Lezione sull'invidia

Non invidiare chi fa, ma prova invece a fare di meglio, se ne sei capace.

Questo saggio consiglio ci ricorda che la competizione non dovrebbe essere fonte di invidia o risentimento, ma piuttosto un’opportunità per migliorarci. Ogni persona ha il proprio percorso e le proprie sfide, e invece di invidiare gli altri, possiamo concentrarci su come possiamo superare noi stessi.

Quindi, sfidiamoci a fare sempre di meglio, a superare i nostri limiti e a crescere costantemente. Ricordiamoci che il successo di qualcun altro non ci impedisce di raggiungere il nostro obiettivo. Invece, possiamo trarre ispirazione dagli altri e cercare di fare ancora meglio.

Chiesetta di Sanzanello - Fotografia ed elaborazione di Leonardo Basile


giovedì 28 marzo 2024

Un Palazzo in esilio, terzo capitolo di Transmundane Economies

Dal 10 aprile al 7 luglio 2024, Fondazione Elpis presenta la mostra personale di Theodoulos Polyviou, Un Palazzo in esilio, terzo capitolo di Transmundane Economies, progetto in corso iniziato dall’artista nel 2022, che utilizza la virtualità e le tecnologie digitali associate per studiare, ricostruire e riempire i vuoti all’interno del patrimonio culturale di Cipro. Attraverso video, sculture, installazioni e disegni esposti in tutti gli spazi della Fondazione, la mostra prende le mosse dal progetto di un edificio arcivescovile cipriota al centro di un fatto storico realmente accaduto. Negli anni Cinquanta, in un clima di tensione etnica e nazionale, l'arcivescovo Makarios III promosse la costruzione di un nuovo palazzo arcivescovile, dando inizio al primo concorso di architettura dell'isola. Questo concorso, e il conseguente dibattito pubblico, evidenziarono il ruolo dell'architettura nell'identità nazionale durante la dominazione britannica creando un precedente per il futuro architettonico dell'isola. Nell’ambito del progetto Transmundane Economies - dopo il primo capitolo intitolato Bellapais Abbey al Künstlerhaus Bethanien di Berlino, e il secondo, SCREEN, esposto sempre a Berlino al Bode Museum – Un Palazzo in esilio esamina come i meccanismi di inclusione ed esclusione interni alla costruzione e al simbolismo del palazzo abbiano favorito un senso di comunità e di appartenenza, emarginando al contempo dalla narrazione nazionalista predominante i gruppi minoritari ciprioti. Il progetto espositivo Un Palazzo in esilio si inserisce nel palinsesto di mostre, iniziative, performance e inaugurazioni della Milano Art Week 2024, in programma dall’8 al 14 aprile.


Theodoulos Polyviou (1989, Cipro) è un artista con base a Berlino la cui pratica, nel suo nucleo, utilizza i media espansi per considerare il posto dei corpi all'interno della fisicità istituzionale e delle narrazioni culturali e politiche. Il suo progetto in corso Transmundane Economies utilizza la virtualità e le tecnologie digitali associate per studiare, ricostruire e riempire i vuoti del patrimonio culturale cipriota, allontanandosi da un'agenda nazionalista per speculare invece sul rapporto tra queerness, riparazione e reinvenzione all'interno degli intrecci storici dell'isola. Nel 2014 Theodoulos ha conseguito un master in comunicazione visiva presso il Royal College of Art di Londra. È cofondatore ed ex direttore del project space sperimentale Koraï, a Cipro. Nel 2020 ha co-curato la 19a edizione della Biennale Mediterranea: School of Waters, San Marino. Ha presentato il suo lavoro in mostre personali alla Künstlerhaus Bethanien, Berlino, e allo ZKM: Center for Art and Media, Karlsruhe, tra gli altri, e in varie mostre collettive, tra cui il Padiglione di Cipro alla Biennale di Architettura di Venezia del 2021. Nel 2023 è stato artista in residenza a Una Boccata d'Arte, progetto di arte contemporanea promosso da Fondazione Elpis, in collaborazione con Galleria Continua. Theodoulos Polyviou ha recentemente concluso la sua ultima mostra personale con la presentazione del secondo capitolo di Transmundane Economies intitolato SCREEN al Bode Museum di Berlino. FONDAZIONE ELPISCostituita nel 2020 da Marina Nissim, imprenditrice e collezionista, Fondazione Elpis ha al centro della sua mission il supporto ai giovani artisti. La Fondazione persegue i suoi scopi attraverso la realizzazione di mostre, residenze, attività educative e progetti diffusi su tutto il territorio nazionale. Con l’obiettivo di esplorare aree e scenari oltre i circuiti tradizionali dell’arte, Fondazione Elpis unisce mondi solo apparentemente distanti intercettando l’evolversi dei linguaggi espressivi. La decisione di aprire una nuova sede a Milano – a ottobre 2022 – nasce dai progetti e dalle collaborazioni attivate negli ultimi anni su scala nazionale. La Fondazione ha così consolidato attorno a sé una rete sempre più ampia mettendo in atto nuovi modelli di partecipazione e fruizione culturale. Ne è un esempio Una Boccata d’Arte, il progetto d’arte contemporanea giunto alla sua quinta edizione nel 2024, realizzato in collaborazione con Galleria Continua e con la partecipazione di Threes. Un’iniziativa diffusa in tutto il Paese che coinvolge ogni anno 20 artisti nell’ideazione di installazioni site specific, visitabili per l’intera estate, in 20 borghi italiani, uno per ogni regione.

Informazioni

Un Palazzo in esilio

di Theodoulos Polyviou

Dal 10 aprile al 7 luglio 2024

Preview stampa: martedì 9 aprile, 11.00-13.00 

Orari di apertura: da giovedì a domenica, h 12-19

(mercoledì 10 aprile la mostra sarà aperta dalle 12 alle 19)

Ingresso libero 

Un Palazzo in esilio si inserisce nel palinsesto della Milano Art Week 2024 (8-14 aprile) Fondazione Elpis Via Lamarmora 26, Milano 

www.fondazioneelpis.org 

Contatti: +39 02 8974 5372 | info@fondazioneelpis.org 

Social: IG: @fondazioneelpis | FB: Fondazione Elpis | #fondazioneelpis  Come arrivare: MM3 Crocetta; Tram linea 16 (fermata Via A. Lamarmora) 

Accessibilità: i tre piani espositivi sono collegati da un ascensore.  Contatti per la stampa ddlArts viale Premuda 14, 20129 Milano 

ddlarts@ddlstudio.net | T +39 02 8905.2365  

Alessandra de Antonellis | E-mail: alessandra.deantonellis@ddlstudio.net | T +39 339 3637.388 

Maria Carla Forina | E-mail: mariacarla.forina@ddlstudio.net | T. +39 334 8385350

Flaminia Severini | E-mail: flaminia.severini@ddlstudio.net | T +39 393 3343937 

mercoledì 20 marzo 2024

Scene di Natura…Divina

Dal 23 marzo al 5 maggio 2024, presso la Sala Beltramini del Municipio di Asolo, si terrà il primo atto della mostra “Scene di Natura…Divina”, dell’artista padovana Gigliola Bessega.


La mostra, a cura di Angela Forin, è stata selezionata tra le iniziative correlate di Duse2024, il ricco calendario di eventi che Asolo dedica a Eleonora Duse per le celebrazioni del centenario dalla sua scomparsa.

Il secondo atto della mostra si terrà dal 14 settembre al 27 ottobre 2024.

Gigliola Bessega con sapienti tocchi di pennello mette in scena tele intrise di lirismo e profonda introspezione artistica in una fusione armoniosa tra l'effimero e il sublime, dove il teatro della vita si intreccia con l'essenza stessa del divino incarnata nella figura iconica di Eleonora Duse.

L'opera di Bessega si presenta come un mosaico di emozioni e significati, intessuto con maestria attraverso la tecnica pittorica ad olio. Preparando personalmente i suoi colori con pigmenti, terre e materiali naturali, l'artista si inserisce in una tradizione antica e alchemica, dove la materia stessa prende vita e si trasforma sotto lo sguardo attento dell'osservatore. L'ossidazione naturale dei pigmenti, influenzata dalla luce e dall'ambiente circostante, aggiunge ulteriori strati di significato alla sua opera, suggerendo un dialogo continuo tra il dipinto e lo spettatore.

Nella sua ricerca artistica Bessega si avvicina alla Natura con uno sguardo attento e rispettoso, catturando la sua bellezza e la sua sacralità con una precisione quasi scientifica e al contempo sognatrice e visionaria. Le tele, arricchite con materiali come argento, oro, tessuti e dipinte richiamando oggetti di scena come maschere, ventagli, piume, vetri, murrine e preziose perle a lume, trasportano in un mondo antico evocando l'atmosfera teatrale e veneziana che permeava l'epoca della Duse.


 


SCENE DI NATURA… DIVINA

Mostra in Due Atti di Gigliola Bessega


23 marzo – 5 maggio 2024

Sala Beltramini, Municipio di Asolo (Tv)

Informazioni

Municipio di Asolo

Piazza Gabriele D'Annunzio, 1, Asolo (Tv)

www.duse2024.it


mercoledì 13 marzo 2024

The Last Lamentation al Museo MAN di Nuoro

Inaugura il 28 marzo la mostra The Last Lamentation al Museo MAN di Nuoro, momento apicale del progetto artistico di Valentina Medda, a cura di Maria Paola Zedda, realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (XI edizione, 2022), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, frutto di una coproduzione che dalla Sardegna si dirama fino al Belgio, a New York e alla Slovenia e che vede capofila ZEIT, insieme al MAN Museo di Nuoro, Sardegna Teatro, Flux Factory (NYC), e VierNulVier (Belgio). 

The Last Lamentation è un rituale funebre per il Mediterraneo, osservato dall’artista come luogo di attesa, sospensione e trapasso, incarnazione di un’assenza - deposito di corpi e corpo in sé.   Valentina Medda lo attraversa nell’evocazione di un rito diffuso in tutta l’area che si affaccia sulle sue coste: il pianto rituale, indagato alla fine degli anni ‘50 dall’antropologo Ernesto De Martino, ora pressoché estinto nel Sud Italia, ma vivo nelle coste meridionali e orientali dal Libano al Marocco.   

Valentina Medda, The Last Lamentation, 2023, still da video. Courtesy l'artista

La mostra si snoda intorno all’omonima opera video The Last Lamentation, prodotta tra il 2023 e il 2024, destinata alle collezioni del MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna: un lavoro girato in Sardegna e realizzato attraverso un percorso di ricerca nel territorio, che racconta la tragedia del mare attraverso un’ipnotica partitura coreografica, vocale, sonora. Il lavoro rielabora i codici rituali in forme contemporanee e astratte grazie alla collaborazione con Gaspare Sammartano, compositore, Claudia Ciceroni, compositrice e trainer vocalica, Attila Faravelli, per gli aspetti legati al field recording. Qui la relazione tra corpo, pathos, paesaggio si stratifica per sistemi di assenza e presenza attraverso la partecipazione di un coro di 12 donne vestite di nero, in piedi accanto al mare, elemento che per contrasto rende più tangibile la presenza silente dei morti e fa esplodere le loro voci. 

La mostra raccoglie inoltre un corpus di opere, molte delle quali esposte per la prima volta, che l’artista ha realizzato già nelle prime fasi di studio e che convergono intorno all’opera video ripercorrendone i momenti di elaborazione: collage, inchiostri su carta, fotografie, disegni e alcuni elementi scultorei.Dal 2018 Valentina Medda ha in atto una ricerca sul Mediterraneo, che inizialmente l’ha portata a lavorare a Beirut in residenza presso il Beirut Art Residency. Di questa esperienza troviamo tracce nei collage presenti in mostra, che compongono una tessitura che si annoda intorno a un territorio originario, la Sardegna - terra di provenienza dell’artista - per riconnettersi poi con il Mediterraneo. 

Insieme ai collage, l’evocazione dei fazzoletti che accompagnano il rituale del pianto ispirati dal documentario di Cecilia Mangini sulla tradizione pugliese, si cristallizzano nel processo di solidificazione attraverso la cottura della ceramica, che brucia l’anima del tessuto interno lasciando nella scultura un vuoto, un’assenza. 

A completare la restituzione della ricerca di Medda, un quaderno d’artista raccoglie visivamente le scene in uno storyboard poetico.  Immagini del mare e alcune polaroid lavorate come se questa acqua divenisse pelle, traducono un orizzonte visivo, che è liquido e corporeo insieme. 

Il progetto è presentato da ZEIT (capofila), in partnership con MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Teatro di Sardegna, Arts Centre 404 / VierNulVier (Ghent, BE) e Flux Factory (New York) in collaborazione con la Fondazione Sardegna Film Commission e sostenuto da ARS - Arte Condivisa in Sardegna per la Fondazione di Sardegna (sponsor di progetto). I partner culturali sono Careof, BIG Bari International Gender Festival, RAMDOM, Sa Manifattura, Alchemilla.

L’artista è supportata dalla rete europea di larga scala Stronger Peripheries – A Southern Coalition grazie al sostegno di Teatro di Sardegna, Bunker Ljubljana, L’Arboreto Mondaino. 

Il lavoro è concepito come un rituale funebre per il mare” – dichiara l’artista Valentina Medda – “una performance partecipativa ispirata alla tradizione delle lamentazioni funebri in cui un gruppo di donne vestite di nero dà vita a un grido condiviso, un rito che guarda al coro come all’unico linguaggio possibile per raccontare una tragedia contemporanea. Nel piangere per il Mediterraneo e i suoi morti – continua l’artista – il tentativo è quello di ridare voce e corpo attraverso un’azione poetica e politica, a quelle vite considerate sacrificabili, quelle che non meritano nemmeno il lutto, come afferma la filosofa Judith Butler. Il mare è qui estensione del corpo, che perde i suoi confini e si fa liquido, creatura acquea.  La domanda su dove finisca il corpo e dove inizi lo spazio ha plasmato, di fatto, tutta la mia ricerca degli ultimi 10 anni, attraverso linguaggi diversi e in modi diversi, mettendo in discussione la distinzione tra la fisicità dell'individuo e la materialità esterna nel tentativo di creare una geografia incarnata e immaginare nuovi corpi ibridi, trovando il filo che lega tutte le materie vibranti, viventi e non”. 


Biografia

Valentina Medda è un’artista interdisciplinare sarda che vive a Bologna. Ha studiato fotografia all’ICP - International Center of Photography di New York. La sua pratica artistica si snoda tra immagine, performance e interventi site-specific, indagando la relazione tra pubblico e privato, corpo e architettura, città e appartenenza sociale. Il suo lavoro è stato esposto e gira in contesti artistici e performativi nazionali e internazionali da Bologna, Milano, Cagliari a Parigi, New York, Beirut, Bruxelles e Amsterdam.È stata artista in residenza presso Couvent de Recollets, Parigi; BAR, Beirut; Cité des Arts, Parigi; Flux Factory, NY; Les bains connective, Bruxelles; MaisonVentidue, Bologna. Nel 2019 è stata invitata al Grand Tour d’Italie, progetto di networking internazionale della Direzione Generale Contemporanea del Ministero della Cultura. Ha ricevuto, tra gli altri, il Fondo Cimetta per la mobilità artistica, Movin up della Regione Emilia Romagna, IAP Mentorship della NYFA - New York Foundation for Arts e Tina Art PRIZE. Il suo progetto Cities by Night Across Borders, è stato selezionato tra i 19 vincitori del programma europeo “Perform Europe”.    

INFO 

Valentina Medda - The Last Lamentation

A cura di Maria Paola Zedda

MAN Museo d’Arte Provincia di Nuorovia Sebastiano Satta 27 - 08100 Nuoro

T. 0784-252110Orario continuato: 10 - 19 | lunedì chiusoinfo@museoman.it 

Uffici Stampa

Sara Zolla | press@sarazolla.com | T. 346-8457982Ufficio 

Stampa UC studio - press@ucstudio.it | Chiara Ciucci Giuliani chiara@ucstudio.it - 

T. 392-9173661 |Roberta Pucci roberta@ucstudio.it - T. 340-8174090

sabato 2 marzo 2024

Manuela Bertoli - Augenmusik

Hub visionario in grado di trasformarsi a seconda dei progetti che crea o accoglie, la galleria di ricerca milanese apre al pubblico con una nuova configurazione visiva e concettuale, una selezione di opere dell’artista Manuela Bertoli legate ai temi dell’Incerto, dell’Ipotetico, del Caso e alla Musica Contemporanea fra gli anni 1950 e 1980, periodo in cui la Musica Concreta e il concetto di Indeterminazione sono state pratiche poetiche per movimenti importantissimi come Fluxus, ma soprattutto per musicisti come Olivier Messiaen, Iannis Xenakis, EdgarVarése, Gyorgy Ligetie gli sperimentalisti americani. 


Il nuovo progetto economArt, per un’economia dello spazio e del suono, include opere accomunate da una grande attenzione al dettaglio e alla storia artistica di Manuela Bertoli, coniugando l’arte e la musica, un percorso che va dall’heritage ad opere più contemporanee e che culminano con le nuove realizzazioni create appositamente per la galleria come la serie -Ciels Magnetiques, (2023_2024) - tutte inedite, accarezzabili, accompagnateda libri d’artista realizzati dal 2020 al 2024, ipotetici spartiti, rivestiti interamente di piume, una sinestesia, che rimanda alla attitudine di Messiaen diassociare accordi musicali a potenti visioni di colore, Ensemble Pleiades (2012_2024), installazione sonora formata da 33 pezzi (tamburi) di 3 diverse dimensioni realizzate con membrane sintetichein mylar ebonyper una timbrica più bassa e un suono freddo e metallico. All’ingresso della galleria “Touche de son 2005”, impronta digitale (pelliccia sintetica su plexiglass), irripetibile cifra identitaria distintiva del tatto.

Completano l’esposizione, “Ionisation” 1-2, “Poèmeeléctronique”, “Atmosphère”,vetro su carta Fabrianodel 2012, trascrizioni libere o tratte da composizioni realizzate in forma d’onda elettronica.

“Augenmusik” anticipa il focus sull’artista che contempla tre esposizioni personali in tre anni e ricostruisce così uno speciale episodio all’interno della pratica artistica di Manuela Bertoli.

Se consideriamo l’intero corpus di opere di Bertoli e l’intreccio di teoria, storia e pratica che lo anima, possiamo dare a questa domanda almeno unarisposta: la passione. 

Nella sua pratica, discipline molto diverse sono costantemente messe in dialogo: arte, musica,matematica, scienza sviluppando una ricerca fluidapriva di barriere. Quest’artista visionaria, con un approccio sinestetico, ha elaborato con -Augenmusik, - un’esposizione, con le opere riverberanti la materia sonora, dove tutti i sensi sono coinvolti prediligendo il tatto e lo fa grazie ai materiali che usa; grazie al movimento, come elemento portante,sprigiona l’energia che possediamo internamente con una ricerca personalissima in grado di esprimere chi siamo in modo profondo e complesso.

Il carattere polisemico e proliferante del progetto trae ispirazione dalla realtà concreta, visiva, ma soprattutto acustica del mondo degli uccelli di cui Olivier Messiaen era studioso e profondo conoscitore.

Evento multifonico secondo l’idea di una “Augenmusik”, cioè di una musica per gli occhi, una musica tutta da osservare.

In questa mostra, l’artista esplora il significato dello sguardo e del movimento degli spettatori, coinvolgendoli fisicamente attraverso opere mobili, tutte da accarezzare e sentire creando un paesaggio ricco di forme e colori che generano tensione. 

Il suo lavoro costruisce ponti.

Anna d’Ambrosio


Ho tentato, nel mio lavoro, di esprimere qualche frammento di immagini esensazioni visive che l’esplorazione e l’ascolto di questi universi di suoni mi hanno aperto.

Manuela Bertoli


Manuela Bertoli - Augenmusik

Amy d Arte Spazio Milano dal 06 marzo al 26 marzo


Opening 06 marzo h. 18.30


Amy d Arte Spazio Milano svela la Project Room con un solo show di Manuela Bertoli dal titolo -Augenmusik, - a cura di Susanna Vallebona


lunedì 26 febbraio 2024

Omaggio a Ernst Scheidegger

Sulla scia delle attività legate al centenario della nascita di Ernst Scheidegger (Rorschach, 1923 – Zurigo, 2016), il MASI Lugano apre la stagione espositiva 2024 con un tributo all’artista svizzero che ha scritto un capitolo della storia della fotografia. Attivo come fotoreporter e collaboratore della rinomata agenzia Magnum Photos e al contempo assiduo frequentatore della scena artistica d’avanguardia parigina, Scheidegger è noto a livello internazionale per i ritratti d’artista – tra cui quelli diventati iconici di Alberto Giacometti, amico di una vita. Personalità sfaccettata e multiforme, Scheidegger è stato anche pittore, grafico, regista e, in seguito, gallerista ed editore.


La mostra al MASI ripercorre la produzione di questo straordinario fotografo attraverso un nucleo di oltre cento immagini composto da un’ampia scelta di scatti giovanili inediti del decennio 1945 - 1955 e dai celebri ritratti d’artista, realizzati su commissione dalla metà degli anni Cinquanta. Dal percorso espositivo emerge come l’accento sociale, lo sguardo poetico e sperimentale dei primi lavori si risolva nelle composizioni ariose, chiare ed elegantemente calcolate dei ritratti d’artista che hanno reso celebre Scheidegger. Il “faccia a faccia” tra Scheidegger e i protagonisti e le protagoniste dell’arte del Novecento si sviluppa in un dialogo spontaneo tra i ritratti fotografici e una selezione di importanti opere delle artiste e degli artisti di volta in volta immortalati. Una sezione a parte - trait d’union tra i due capitoli del percorso - è dedicata invece al legame stretto con Alberto Giacometti. La mostra presenta inoltre il noto cortometraggio 'Alberto Giacometti', realizzato da Scheidegger in collaborazione con Peter Münger tra il 1964 e il 1966.

“Faccia a faccia”: il percorso della mostra Forti contrasti luminosi, prospettive stranianti e messa a fuoco disinvolta caratterizzano i lavori giovanili di Scheidegger, con cui si apre il percorso della mostra. Sono scatti privati, realizzati in bianco e nero con una macchina Rolleiflex, risultato delle peregrinazioni dell’artista tra Svizzera, Italia, Paesi Bassi, Jugoslavia e Cecoslovacchia. Da Belgrado a Montecassino, dalla Val Verzasca a Parigi, le immagini immortalano gli abitanti di un’Europa devastata dal conflitto, ma anche desiderosa di vita: cantieri navali abbandonati, volti puri di bambini negli orfanotrofi e nelle carceri minorili si alternano a racconti di un’umanità affamata di vita, che si riversa tra le strade. In questa fase, a interessare Scheidegger sono le persone e una realtà quotidiana che egli sa cogliere con accenti poetici e un’attenzione al sociale, in cui pare dimenticarsi delle lezioni apprese alla Kunstgewerbeschule di Zurigo sulla fotografia oggettuale. È, il suo, un repertorio che “racchiude molti temi classici dei neorealismi fotografici e cinematografici del secondo dopoguerra: il riverbero delle luci di scena sui volti degli artisti e dei clown di un circo, le emozioni a buon mercato della fiera e del luna park, la rumorosa vita popolare che anima le strade dell’Europa del Sud, i bambini di strada, l’Esercito della salvezza, le sagre, le manifestazioni dei lavoratori” – come scrive Tobia Bezzola nel suo saggio in catalogo. Dalla polvere delle strade alla calma degli atelier degli artisti: è un percorso non scontato quello di Scheidegger, che presto va a incrociarsi con quello di Alberto Giacometti, conosciuto durante il servizio militare in Engadina nel 1943. La mostra documenta, in una sala dedicata, il profondo rapporto con l’artista, raccontato da una serie di rare vintage prints.Le fotografie, scattate durante diversi incontri sia a Stampa che a Maloja in Val Bregaglia, in Engadina che nell’atelier di Giacometti a Montparnasse a Parigi, mostrano momenti privati da prospettive insolite, che portano dentro il tempo della loro creazione.Il legame di fiducia tra l’artista e il fotografo consentirà a Scheidegger di rubare anche scatti emblematici, non da ultimo uno dei rari ritratti frontali di Giacometti, poi utilizzato anche sulla banconota svizzera da 100 franchi. In una giocosa mise en abyme tra pittura e fotografia, la mostra presenta anche un ritratto di Scheidegger dipinto da Giacometti intorno al ’59.

Non solo Giacometti: nella capitale francese Scheidegger inizia a frequentare la scena artistica e letteraria d’avanguardia e si specializza in ritratti d’artista per riviste di settore e progetti editoriali. Da Joan Miró a Salvador Dalí, da Max Bill a Marc Chagall, in mostra sfilano i ritratti di grandi artisti del Novecento con cui l’obiettivo di Scheidegger si è trovato faccia a faccia. Raramente in posa, mai glamour, le artiste e gli artisti compaiono sempre nel loro ambiente, al cavalletto o sul tavolo da disegno -come Verena Loewensberg o nell’atelier, come Germane Richier. Sono artefici al lavoro. È una fotografia che non celebra sé stessa, ma si pone al servizio dell’arte quella di Scheidegger. E, soprattutto, mantiene sempre uno sguardo calmo, in cui è il tatto a prevalere. Un’attenzione che non sempre sottintende vicinanza o intimità: se Salvador Dalí sembra sorpreso con ironia giocosa e simpatia, nei ritratti di Le Corbusier e Cuno Amiet non è nascosto il carattere di un’opera su commissione e si percepisce distanza. È invece il ritratto di un’assenza quello di Sophie Tauber Arp, prematuramente scomparsa, di cui Scheidegger ha immortalato lo studio vuoto.Grazie anche al taglio di luce e alle sapienti composizioni, il ritratto delle personalità creatrici si estende, negli scatti di Scheidegger, anche all’atelier e agli oggetti d’arte, rivelando qualcosa del processo creativo. Un allargamento dello spazio, che in mostra prende corpo in una selezione di opere d’arte realizzate dagli artisti e dalle artiste di volta in volta immortalati. Doppiamente rappresentati, i protagonisti e le protagoniste della storia dell’arte del Ventesimo secolo scandiscono così il percorso espositivo dedicato a un’eclettica figura di artista che, per gran parte, ne ha condiviso l'avventura, sempre considerando le immagini come parte di un'impresa comune. In occasione della mostra è stato pubblicato, ad ottobre 2023, il volume “Ernst Scheidegger. Fotograf” con testi di Tobia Bezzola, Philippe Büttner, Alessa Widmer ed Helene Grob. Edizione tedesca e inglese Scheidegger & Spiess, edizione italiana Edizioni Casagrande Bellinzona.


Faccia a faccia

Giacometti, Dalí, Miró, Ernst, Chagall

Omaggio a Ernst Scheidegger 

Fino al 21 luglio 2024 

Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano

Sede LAC

 Con opere di Cuno Amiet, Hans Arp, Max Bill, Marc Chagall, Eduardo Chillida, Salvador Dalí, Max Ernst, Alberto Giacometti, Fritz Glarner, Oskar Kokoschka, František Kupka, Henri Laurens, Le Corbusier, Fernand Léger, Verena Loewensberg, Richard Paul Lohse, Marino Marini, Joan Miró, Henry Moore, Ernst Morgenthaler, Germaine Richier, Sophie Taeuber-Arp, Georges Vantongerloo 

A cura di Tobia Bezzola e Taisse Grandi Venturi

In collaborazione con il Kunsthaus Zürich e la Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv masilugano.ch

venerdì 9 febbraio 2024

Premio d’arte contemporanea “Essere Italiani” a Spazio IsolaSet, Palazzo Lombardia

Si inaugura sabato 17 febbraio 2024 alle ore 17 presso le sale dello Spazio Isola Set, sede delle mostre temporanee di Palazzo Lombardia, in via Galvani, 27, la mostra degli artisti finalisti del concorso “Essere Italiani”. Il premio è organizzato dall’associazione Gart Milano in collaborazione con Regione Lombardia, progetto di Alfredo Maggi e Angela Aruta, con la curatela di Virgilio Patarini. Ufficio stampa a cura di Zamenhof Art, catalogo della mostra pubblicato da Edizioni Garte Milano.


Sempre sabato alle ore 17, in concomitanza con l’inaugurazione dell’esposizione, avverrà anche la cerimonia di premiazione che vedrà assegnare il premio per la migliore opera pittorica, la migliore fotografia e la migliore scultura sul tema.

La Giuria del Concorso è composta da: Paola Caramel, curatrice e critica d’arte contemporanea, presidente di Gart Venezia; Valentina Carrera, curatrice, artista e gallerista, direttrice delle gallerie A Est dell’Eden di Serina e Clusone (BG); Francesco Giulio Farachi, critico e curatore d’arte contemporanea, direttore artistico della Muef Art Gallery di Roma; Graziano Filippini, fotografo, fondatore e direttore artistico del Festival di Fotografia “Segni” di Capo di Ponte (BS); Virgilio Patarini, critico, curatore, artista e gallerista, presidente di Zamenhof Art, gestore del Parco Archeologico di Luine a Darfo Boario Terme (BS); Vincenzo Scardigno, curatore d’arte contemporanea; Federico Troletti, storico dell’arte medievale e moderna, direttore del museo CaMus di Breno (BS), curatore dei Musei Civici di Domodossola e del Museo Diocesano di Brescia.


Qui di seguito una presentazione del progetto tratta dall’introduzione del catalogo e a seguire l’elenco degli artisti selezionati per la mostra dei finalisti. In allegato l’immagine di locandina e di copertina ideata da Eliza Winkler.

Il premio d’arte contemporanea “Essere Italiani” nasce dall’idea di sondare, cogliere, indagare, evidenziare i molti e diversi aspetti dell’italianità attraverso l’arte: di scandagliarne l’essenza, la complessità, le eccellenze, le contraddizioni. E in effetti gli ottanta artisti selezionati per la fase finale del concorso hanno espresso una grande varietà di visioni e di interpretazioni, presentando una carrellata di opere che dello spirito e del carattere degli italiani descrivono le qualità e le contraddizioni, le fragilità, i difetti, ma anche la forza di reazione nei momenti drammatici, la solidarietà, l’inventiva, alcuni significativi episodi della storia, alcuni personaggi storici o contemporanei che hanno lasciato un segno profondo, aspetti del costume, peculiarità che portano a volte a dire: «ecco, questo è tipicamente italiano». E alcuni spunti sembrerebbero riflettere anche sul significato e il valore di «essere italiani in Europa e nel Mondo» oggi, nel passato e nel futuro.

Ne esce uno spaccato variegato: sicuramente parziale, ma ricco e raramente retorico, in taluni casi spiazzante.

(…) Nel paese con la maggior concentrazione al mondo di monumenti e opere d’arte “essere italiani” significa anche essere artisti, essere cresciuti e aver vissuto circondati dall’arte, essere i depositari di un enorme e stratificato patrimonio artistico di migliaia e migliaia di anni, dalle incisioni rupestri e dalle Veneri del Paleolitico all’arte etrusca, romana, medievale, rinascimentale, fino a Lucio Fontana o Maurizio Cattelan. E dunque non deve apparire così strano se l’interrogarsi sull’essenza e sul significato dell’Italianità possa ispirare una serie di opere d’arte come quelle esposte negli spazi prestigiosi “Isola Set” del Palazzo di Regione Lombardia”.

Virgilio Patarini


La Giuria

Paola Caramel, curatrice e critica d’arte contemporanea, presidente di Gart Venezia; Valentina Carrera, curatrice, artista e gallerista, direttrice delle gallerie A Est dell’Eden di Serina e Clusone (BG); Francesco Giulio Farachi, critico e curatore d’arte contemporanea, direttore artistico della Muef Art Gallery di Roma; Graziano Filippini, fotografo, fondatore e direttore artistico del Festival di Fotografia “Segni” di Capo di Ponte (BS); Virgilio Patarini, critico, curatore, artista e gallerista, presidente di Zamenhof Art, gestore del Parco Archeologico di Luine a Darfo Boario Terme (BS); Vincenzo Scardigno, curatore d’arte contemporanea; Federico Troletti, storico dell’arte medievale e moderna, direttore del museo CaMus di Breno (BS), curatore dei Musei Civici di Domodossola.


Gli artisti finalisti

G. Albore, L. Attardi, S.M. Becherucci, A. Bernardi, G. Bottazzo, C. Bracaloni, A. Brandi, V. Califano, S. Cansone, A. Cantamessa, D. Carcano, G. Carluccio, A. Catini, L. M. Cavallo, G. Cecchini, A. Cianni, A. Ciralli, A. Colucci, M. Condò, M. Danna, L. De Cristofaro, F. De Marco, C. Defendenti, A. Degli Espositi, R. Degradi, O. Del Carlo, V. Di Francesco, A. L. Dicesare, D. Doni, F. Dossena, A. Falato, F. Finotto, L. Ghezzi, E. Grassi, S. M. Iadarola, G. A. Intaglietta, G. Lafranconi, C. Lepri, M. Levi, P. Lo Giudice, F. Locurcio, V. Longoni, F. Lucchini, M. Luigini, V. Margiotta, C. Mariani, E. Martorana, M. Mattiolo, C. Mazzotti, M. Molinari, E. Monterosso, N. Negrone, G. Nucci, C. Nuernberg, M. T. Pantini, L. Pasquali, A. Pedrini, R. Pinna, D. Pompa, R. Pressato, P. Puleio, M. Quaresima, S. Rabozzi, M. Ritorto, N. Rizzato, E. Rossi, C. Rostom, I. Rota, S. Sbaragli, Z. Shumeiko, R. Signorini, E. Stramacchia, E. Toneatto, L. Valeriani, A. Volpi, D. Zagheno, A. Zanni, G. Zobbi, A. Zolfo, L. Zucchero.




Zamenhof Art

email: galleria.zamenhof@gmail.com

sito: https://zamenhofgallery.jimdo.com/  - cell. 3392939712  

  

Sedi:

Vi.P. Gallery Valcamonica

via Nazionale, 35, 25050 Niardo (BS)

Area 42 - Museo di Nadro 

Nadro di Ceto (BS), via Piana, 42

Parco Archeologico di Luine

Gorzone di Darfo Boario Terme (BS), via Coppelle, snc

lunedì 5 febbraio 2024

Le Architetture cromatiche di Alda Maria Bossi alla MADE4ART

MADE4ART è lieto di presentare presso la propria sede in Via Ciovasso 17 a Brera, il quartiere dell’arte nel centro di Milano, Architetture cromatiche, mostra personale dell’artista Alda Maria Bossi a cura di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo


L’esposizione conduce il visitatore nella dimensione interiore della pittrice, luoghi intrisi di silenzio e pace, dove il ricorso a un’essenzialità delle forme, ricercata tramite uno studiato gioco di rapporti tra elementi geometrici, dà vita a strutture che sfuggono a coordinate spaziotemporali, complice anche una luminosità diffusa, omogenea, pregnante. Il colore, vero protagonista delle opere di Alda Maria Bossi, si rivela come l’elemento fondamentale che costituisce queste architetture, sia che si tratti di contesti urbani, d’interni di abitazioni private, sia di paesaggi campestri dove emergono solitari casali, ma anche d’architetture prodotte dalla natura – gli alberi di un bosco che si innalzano come colonne di un tempio –, composizioni dove la presenza cromatica, accesa e potente, allontana da ogni descrizione didascalica del reale. 

Nei dipinti di Bossi in mostra presso MADE4ART, tutti realizzati negli ultimi anni e in gran parte inediti, l’assenza della figura umana non fa che accentuare una particolare sensazione di straniamento trasmessa all’osservatore, che si ritrova a ricercare tracce di un passaggio, della vita che si nasconde dietro il visibile: una lampada accesa, una porta aperta, un camino vibrante per il fuoco che accoglie. 

Il mondo che ci restituisce Alda Maria Bossi è un contesto ricco di armonia e poesia, pur non esente da interrogativi e inquietudini, turbamenti, ricordi e fantasie, luoghi incantati da indagare quasi con discrezione per non rischiare di turbare un equilibrio perfetto. 

Architetture cromatiche è accessibile dal 13 al 28 febbraio 2024 con opening martedì 13 febbraio dalle ore 18 alle 20; per gli altri giorni apertura al pubblico il lunedì dalle ore 15 alle 18, dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle 18 e il sabato dalle ore 15 alle 18. 


Alda Maria Bossi. Architetture cromatiche 

a cura di Vittorio Schieroni, Elena Amodeo 


13 - 28 febbraio 2024 

Opening martedì 13 febbraio ore 18 - 20 

Dal 14 febbraio: lunedì ore 15 - 18, martedì - venerdì ore 10 - 18, sabato ore 15 - 18 

Ingresso gratuito, su appuntamento 

Si invita a verificare sempre sul sito Internet e i social network di MADE4ART eventuali aggiornamenti sugli orari e le modalità di accesso allo spazio 


MADE4ART 

Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura 

Via Ciovasso 17, Brera District, 20121 Milano, Italia 

Fermate metropolitana Lanza, Cairoli, Montenapoleone 

www.made4art.it, info@made4art.it, +39.02.23663618 

martedì 23 gennaio 2024

Il Ritratto performativo di Arkadiusz Sędek

Dal 27 gennaio al 9 febbraio p.v. presso Mitreo-Arte Contemporanea si terrà la mostra " Ritratto performativo" di Arkadiusz Sędek a cura di Monica Melani, direttrice artistica del Mitreo-ArteContemporanea. L’inaugurazione della mostra - prevista per le ore 18:30 - sarà preceduta da un Laboratorio sulle tecniche nobili della fotografia per bambini e ragazzi (cianotipia e fotogramma), condotto dall’artista.


Il Ritratto performativo di Arkadiusz Sędek è una collezione di attività creative realizzate ed esposte dal 2020. Immagini minimaliste, in bianco e nero, dipinte con luce delicata o decisamente contrastante, immagini statiche, in movimento o ripetute dell'uomo. Rappresenta l'impronta psicologica del fisico e la profondità visiva dell'identità dell'uomo contemporaneo. Un raffinato gioco di soluzioni tecniche alternative con una dimensione psicologica dell'immagine. Utilizzando la classicità del ritratto artistico, l'autore cattura non solo la forma esterna, ma anche strati nascosti della psiche, rendendo il ritratto più complesso. Nella società odierna, dove l'immagine gioca un ruolo chiave nella comunicazione, il ritratto diventa un'area particolarmente interessante da esplorare per l'artista. La sfida con la sempre più ridotta distanza tra la realtà e la virtualità solleva domande sull'autenticità e, allo stesso tempo, apre nuove possibilità per l'indagine dell'impronta psicologica dell'immagine e la profondità dell'identità dell'uomo contemporaneo. In una presentazione galleristica non convenzionale, sposta i confini tradizionali tra atti creativi e presentazione artistica. Coinvolgendosi in un atto performativo, non solo crea l'immagine, ma diventa parte integrante del processo, influenzando la percezione e l'interpretazione dell'opera. In questa sfida con un contesto sociale mutevole, il ritratto performativo può essere uno strumento per esprimere e comprendere complessi strati di identità. L'autore non solo registra, ma modella attivamente la percezione dello spettatore. L'opera che emerge diventa un'impronta psicologica dell'immagine, svelando sia le intenzioni dell'artista che le reazioni sociali alla sua azione. Le domande su quali emozioni e pensieri susciti l'atto creativo in base al contesto o all'interazione diventano un elemento chiave dell'analisi. Questo progetto fa riferimento all'idea di una "grande enciclopedia globale", in cui ognuno di noi viene registrato attraverso la sorveglianza onnipresente e la partecipazione volontaria ai social media. Il nostro volto diventa una carta d'identità in fibra ottica, disponibile per un vasto pubblico. Tuttavia, con questa facile accessibilità sorge anche un nuovo contesto per la citazione di William Shakespeare da Amleto, "Essere o non essere", che acquisisce un nuovo significato nella realtà virtuale. La presenza sui social media diventa una conferma virtuale della nostra esistenza, mentre la sua assenza può essere interpretata come una sorta di esclusione. Il ritratto performativo costituisce uno spazio creativo nel contesto della profondità dell'identità dell'uomo contemporaneo. Risponde o pone domande su come l'individuo forma la propria identità nell'era dei media, in cui i confini tra l'immagine privata e pubblica sono costantemente spostati. È anche un'occasione per riflettere sull'impatto delle aspettative sociali sulla creazione della propria immagine e su come l'artista può interpretare tali questioni nell'arte. Nonostante l'ampio accesso alle informazioni, paradossalmente, la diffusione dei social media non si traduce in un aumento della nostra saggezza o comprensione. Le scelte diventano incomprensibili, e l'onda di false informazioni sopraffà la nostra capacità di distinguere la verità dalla manipolazione.


Descrizione del workshop

La cianotipia è una tecnica fotografica affascinante che ha le sue radici nel XIX secolo. È stata inventata dall'astronomo e matematico inglese Sir John Herschel, che sperimentò l'uso di composti di ferro per creare immagini blu su carta. In seguito, Anna Atkins, una botanica britannica, è stata una delle prime persone a utilizzare questa tecnica per creare libri illustrati su alghe marine. La cianotipia è uno dei processi fotografici più antichi ed è ancora apprezzata per la sua estetica unica e l'aspetto inconfondibile delle stampe blu.

Durante il workshop fotografico sulle tecniche d'arte, tra cui la cianotipia, i partecipanti avranno l'opportunità di conoscere la storia di questa tecnica e imparare come utilizzarla in tempi moderni. Il processo della cianotipia coinvolge l'esposizione di un materiale fotosensibile, di solito carta, alla luce UV, come quella solare. I partecipanti impareranno come preparare l'emulsione cianotipica, come esporre il materiale e come fissare l'immagine per ottenere stampe blu durature.

Il workshop sara’ condotto dall’artista Arkadius in modo pratico, consentendo ai partecipanti di creare le proprie cianotipie. Sarà un'occasione per sperimentare diverse tecniche di esposizione e creare opere d'arte uniche. I partecipanti riceveranno anche consigli su come progettare e preparare negativi o positivi che potranno utilizzare per creare cianotipie con vari soggetti e stili.

Alla fine del workshop, i partecipanti avranno l'opportunità di valutare le proprie opere e apprendere come proteggere ed esporre le loro cianotipie. Si tratta di una forma affascinante e creativa di fotografia che consentirà ai partecipanti di scoprire le straordinarie possibilità di creare immagini utilizzando questa tecnica tradizionale d'arte.


Arkadiusz Sędek nato nel 1973. Diplomato all'Istituto Italiano di Fotografia a Roma e presso l'Istituto di Belle Arti dell'Università di Jan Kochanowski. Consegue la laurea in pittura sotto la guida della prof.ssa Urszula Ślusarczyk ed è co-fondatore della Scuola di Cinema a Cracovia. Ha collaborato come fotografo con le agenzie di moda milanesi. I suoi lavori sono stati presentati nell'edizione italiana di “Best Looking” in cui ha fotografato la collezione “Gieffeffe” di Gianfranco Ferré. La fonte principale di ispirazione per l'autore è l'uomo, i suoi diversi volti e personaggi tant’é che si è specializzato in ritratto, moda e nudo. Ha presentato le sue opere in decine mostre personali e collettive in patria e all'estero compreso: Roma, Barcellona, Colonia, Valencia, Messico, Chiayi (Taiwan) e Brownsville (Stati Uniti). Attualmente lavora come docente presso l'Istituto di Belle Arti a Università di Jan Kochanowski dove insegna fotografia. Nella sua ultima mostra, aperta a marzo 2021 presso BWA ad Olkusz, vicino Cracovia, tra i soggetti fotografati sono presenti l’attrice italiana Vittoria Belvedere e l’attore inglese Cary Elwes.

www.instagram.com/arkadiuszsedek


Arkadiusz Sędek - Ritratto performativo

Mitreo-Arte Contemporanea – Via Marino Mazzacurati 61/63 00148 Roma


Curatore della mostra: Monica Melani, direttrice artistica del Mitreo-ArteContemporanea

Inaugurazione della mostra: 27/01/2024 ore 18:30


Durata della mostra: 27/01/2024 - 09/02/2024

L’inaugurazione della mostra sarà preceduta da un Laboratorio sulle tecniche nobili della fotografia per bambini e ragazzi (cianotipia e fotogramma), condotto dall’artista Arkadiusz Sędek - 27/01/2024 ore 15,00 *

Ingresso libero e gratuito

Per la partecipazione al laboratorio gratuito, per un max di 12 partecipanti, è necessaria la prenotazione a info@mitreoiside.com.

www.mitreoside.com fb: https://www.facebook.com/MitreoArteContemporanea/